Gli aspetti genetici della malattia di Anderson-Fabry

La malattia di Anderson-Fabry o più semplicemente Malattia di Fabry (OMIM #301500) prende il nome dal dottore inglese William Anderson e dal dottore tedesco Johann Fabry, che per primi e in modo indipendente descrissero la malattia nel 1898.

La malattia di Anderson-Fabry è una malattia genetica rara che fa parte di un gruppo di patologie chiamate malattie da accumulo lisosomiale. Le malattie da accumulo lisosomiale sono così chiamate in quanto interessano i lisosomi che sono organuli rivestiti da membrana, presenti in tutte le cellule del corpo. I lisosomi contengono enzimi e proteine capaci di degradare varie macromolecole biologiche tra queste gli sfingolipidi.

La malattia di Anderson-Fabry è causata dalla carenza totale o parziale dell’enzima lisosomiale alfa-galattosidasi A necessario per la degradazione di alcuni lipidi di cui il più rappresentato è lo sfingolipide chiamato globotriaosilceramide, abbreviato come GL-3 o Gb3. Quando l’enzima alfa-galattosidasi A non funziona correttamente la capacità della cellula di  smaltire il Gb3 risulta rallentata o bloccata del tutto e il Gb3 non degradato rimane all’interno dei lisosomi. Ne consegue un accumulo progressivo di questo lipide nei lisosomi della maggior parte delle cellule del corpo con conseguente danno cellulare.

 

Il gene GLA

Il gene GLA (OMIM #300644), che è localizzato sul cromosoma X, codifica l’enzima alfa-galattosidasi A. Quando la sequenza del gene GLA viene alterata da mutazioni che cambiano la sequenza normale del DNA si ha produzione di varianti dell’enzima alfa-galattosidasi A che possono funzionare meno o non funzionare affatto. Tali mutazioni sono responsabili della malattia di Fabry e, ad oggi, sono state descritte oltre 800 diverse mutazioni del gene GLA in pazienti con malattia di Andreson-Fabry (Human Gene Mutation Database web site, https://portal.biobase-international.com). L’identificazione di un così ampio numero di mutazioni dimostrano che la malattia ha un’elevata eterogeneità allelica.

Mutazioni differenti possono colpire in modo diverso l’attività dell’enzima alfa-galattosidasi A, dando luogo a differenze nelle manifestazioni cliniche della malattia fra paziente e paziente. Le mutazioni che causano il deficit totale dell’enzima sono responsabili dei quadri clinici più gravi, con coinvolgimento multisistemico. Di questo tipo di mutazioni fanno parte:

  • le mutazioni nonsenso, conosciute anche come mutazioni di Stop; possono dare assenza di proteina o una proteina completamente non funzionante;
  • le mutazioni di splicing che interessano i siti canonici di splicing alterano di solito la trascrizione dell’RNA e di conseguenza la proteina che viene prodotta non è funzionante;
  • le mutazioni missenso che portano a una sostituzione di un amino-acido importante nella sequenza dell’enzima con un amino-acido diverso, alterando ad esempio il sito attivo dell’enzima stesso;
  • le delezioni o inserzioni, sia piccole che grandi che non permettono la produzione dell’enzima stesso;

Le mutazioni che riducono l’attività enzimatica dell’alfa-galattosidasi A ma permettono all’enzima di agire, perché presente una certa attività enzimatica residua, sono responsabili delle varianti della malattia di Fabry ad esordio tardivo (o “late-onset”) che si presentano generalmente con manifestazioni cliniche più lievi. Di questo tipo di mutazioni fanno parte principalmente le varianti missenso che destabilizzano la struttura tridimensionale dell’enzima senza alterare il sito attivo. A questa categoria appartengono mutazioni  responsive al trattamento emergente basato sul chaperone farmacologico DGJ.

 

Come è eredita la malattia di Fabry?

La Malattia di Fabry è ereditata in maniera X-linked poiché il gene GLA è situato sul cromosoma X. Il cromosoma X è presente in una sola copia nei soggetti di sesso maschile, mentre è presente in doppia copia nelle femmine. Per questo motivo quando un maschio porta una mutazione del gene GLA si dice che è emizigote per la mutazione, mentre nella femmina si parla di eterozigosi. Questa differenza fa sì che la malattia di Fabry venga ereditata in modo diverso a seconda che il genitore affetto sia la madre o il padre. Tutti i figli, sia maschi che femmine, ereditano una copia del cromosoma X dalla madre, quindi le madri eterozigoti per una mutazione del gene GLA hanno un rischio di trasmettere la malattia ai propri figli ad ogni nuovo concepimento pari al 50%, siano essi di sesso maschile o femminile.

I padri con la malattia di Fabry, avendo un’unica copia del cromosoma X, non trasmettono la malattia ai loro figli maschi (che ereditano il cromosoma X dalla madre, mentre dal padre ereditano il cromosoma Y). Al contrario, tutte le figlie femmine di un maschio affetto da malattia di Fabry ereditano il cromosoma X con la mutazione del gene GLA del padre e per questo si parla di eterozigoti obbligate.

 

Espressività della malattia nei maschi e nelle femmine

La malattia di Fabry può colpire maschi e femmine di tutte le provenienze etniche. L’espressione della malattia può essere diversa tra maschi e femmine anche a parità di mutazione e questo perché la malattia è ereditata con modalità legata al cromosoma X (X-linked). Tutti i maschi emizigoti per una mutazione del gene GLA manifestano la malattia, poiché hanno una sola copia del gene.

Le femmine eterozigoti per una mutazione del gene GLA hanno invece anche una copia normale del gene. Questo può influenzare il grado di espressione della malattia in funzione di un complesso meccanismo genetico noto come inattivazione del cromosoma X.

L’inattivazione del cromosoma X, detto anche lyonizzazione, è un normale processo biologico che interessa tutte le femmine di mammifero e che consiste nella disattivazione di uno dei due cromosomi sessuali X presenti nelle loro cellule. L’inattivazione avviene durante lo sviluppo embrionale. Il cromosoma X inattivato è scelto a caso tra i cromosomi X di derivazione materna e paterna, secondo un processo indipendente da cellula a cellula. Di conseguenza, nelle femmine eterozigoti per una mutazione del gene GLA, alcune cellule inattiveranno il cromosoma X con la copia alterata del gene, mentre altre inattiveranno il cromosoma X con la copia normale del gene. Ne consegue che le femmine eterozigoti esprimeranno la mutazione del gene GLA a mosaico e l’espressione clinica della malattia dipenderà quindi da quante cellule esprimono in ogni organo la copia mutata del gene GLA.

 

Diagnosi biochimica e genetica

Per la conferma diagnostica non invasiva di malattia di Fabry sono fondamentali il dosaggio enzimatico dell’alfa-galattosidasi A e il test genetico basato sul sequenziamento del gene GLA.

La caratterizzazione genetica del paziente, oltre che per la conferma diagnostica, è utile anche:

  1. per una corretta consulenza genetica e per individuare i familiari affetti mediante ricerca mirata della mutazione familiare;
  2. per eventuali correlazioni genotipo-fenotipo;
  3. per l’eventuale scelta terapeutica ad esempio valutando la sensibilità agli approcci terapeutici emergenti, come la terapia basata sul chaperone farmacologico DGJ

In caso di sospetta malattia di Fabry, sia nei maschi che nelle femmine, bisogna distinguere tra la diagnosi in un paziente isolato (cioè senza familiari già diagnosticati con malattia di Fabry) e la diagnosi in un familiare di un paziente con malattia di Fabry accertata.

 

Diagnosi in paziente maschio

In presenza di un paziente maschio con sospetta malattia di Fabry, il dosaggio dell’enzima lisosomiale alfa-galattosidasi deve essere considerato il primo test per la conferma diagnostica. Il test genetico deve essere eseguito solo in caso di dosaggio positivo cioè in presenza di attività dell’alfa-galattosidasi A ridotta rispetto ai valori di controllo. In rarissimi casi l’analisi genetica di sequenziamento di routine può non consentire l’identificazione della mutazione causativa in pazienti maschi con deficit enzimatico accertato. In questi casi la conferma del deficit enzimatico su campioni diversi, come ad esempio sangue e fibroblasti coltivati da biopsia cutanea, consente comunque la conferma diagnostica della malattia.

 

Diagnosi in paziente femmina

In presenza di una femmina con sospetta malattia di Fabry il dosaggio dell’enzima lisosomiale alfa-galattosidasi A può non essere conclusivo come singolo test, a causa dell’interferenza dell’allele normale del gene GLA. Infatti, a causa dell’inattivazione casuale del cromosoma X, nelle femmine eterozigoti l’attività enzimatica può essere deficitaria (in caso di inattivazione sbilanciata a favore della copia mutata del gene), ma può essere anche normale (in caso di inattivazione bilanciata fra le due copie del gene). La conferma diagnostica di stato di eterozigosi nelle femmine deve essere pertanto effettuata con il test genetico-molecolare anche in presenza di attività enzimatica dell’alfa-galattosidasi A nel range  dei controlli normali.

 

Consulenza genetica in pazienti Fabry

La consulenza genetica rimane un punto chiave per i pazienti che sono stati diagnosticati come affetti da malattia di Fabry. Un’accurata consulenza genetica consente la corretta interpretazione dei dati biochimici e genetico-molecolari premettendo successivamente anche lo screening di altri membri della famiglia a rischio.

 

A cura della dott.ssa Amelia Morrone
membro del Comitato Scientifico AIAF

Fonte https://www.aiaf-onlus.org/node/117